Il punto di vista dei Retailer già all'estero

Silvio Zannoni

Data

ott 28, 2013

Il punto di vista dei Retailer già presenti all’estero

Media dei punti vendita per azienda in Italia e all’estero

I retailer già presenti all'estero hanno mediamente circa 70 punti vendita in franchising in Italia e circa 30 all'estero. E' comunque evidente, anche per l'espansione fuori dai confini nazionali, la preferenza per la formula del franchising rispetto all'apertura di punti diretti.

L’incidenza del fatturato all’estero sui ricavi totali della rete di punti vendita

Per quasi il 35% del campione il fatturato realizzato all’estero incide per oltre il 50% sul totale ricavi. Troviamo con la stessa percentuale un campione di rispondenti che dichiara un fatturato estero che pesa tra il 10 e il 30%.

I Continenti in cui i retailer sono già presenti

Tutti i retailer del campione intervistato sono presenti in maniera ‘rilevante’ in Europa, all’appello non manca nessuno: la penetrazione geografica è pari a oltre il 90%. L’Asia pesa per il 47,62%, l’America del Nord per il 45%. Molto distaccati seguono Africa (17,39%), America del Sud (16,66%), Oceania (9%), che risulta anche il Paese dove quasi il 60% degli intervistati dichiara di non essere ancora presente e quasi il 32% di esserci con una presenza ‘poco significativa’.

Altre modalità con cui i retailer sono già presenti all’estero

E' la filiale diretta la formula più utilizzata al momento per il 34,38% degli interpellati, seguita da agenti di vendita (21,88%) e distributori (18,75%). L’e-commerce, che è in pole position come modalità per i retailer non ancora presenti all’estero, scivola invece nelle ultime posizioni con il 9,38%. Cambiano, dunque, modalità e approcci commerciali nel momento in cui l’azienda si è già internazionalizzata, perché a cambiare sono le strategie in loco.

Le motivazioni dell’utilizzo della formula franchising all’estero

È la rapidità di sviluppo garantita dal franchising il motivo primo che spinge i retailer ad utilizzare questa formula anche per espandersi all’estero. Ne è più che convinto il 60% del campione che, attraverso il concetto di catena in franchising, riesce ad attuare soluzioni più dinamiche di internazionalizzazione, alimentando nuove opportunità di business e ottimizzando il rapporto costi di gestione rete/numero affiliati oltre al più generale rapporto risultati/investimenti. Il 45% degli operatori, poi, punta sul franchising perché dichiara che lo sviluppo della rete diretta è troppo oneroso. Il 45% di chi è andato all’estero afferma che può già anche contare su una rete di partner con relazioni istituzionali consolidate, il che costituisce un valido punto di partenza per individuare partner locali solidi e affidabili.

Le motivazioni dello sviluppo di una rete diretta all’estero

Alla domanda sulle motivazioni che portano ad aprire punti vendita diretti all’estero, la ricerca evidenzia una parità percentuale (76,92%) declinata su due diverse motivazioni: maggior presidio/controllo della rete, maggiore conoscenza del mercato locale/tentativo di testare la formula commerciale. A un atteggiamento di prudente controllo del territorio e della catena si affianca, però, anche la volontà di diversificare il rischio d’impresa, sposata dal 45% dei rispondenti.

Le previsioni della performance aziendale per il triennio 2013-2015

Sulle previsioni delle performance aziendali per il prossimo triennio, emerge che una percentuale altissima, pari al 78% dei rispondenti, confida in un futuro commerciale prospero, decisamente in crescita più all’estero che in Italia, dove invece tale percentuale si dimezza al 40,63%. Previsioni di stabilità sia in Italia sia all’estero rispettivamente dal 31% e da quasi il 22% del campione.

Lo sviluppo internazionale: quale priorità strategica per il triennio 2013-2015?

Sommando le percentuali di chi ritiene ‘molto rilevante’ e ‘abbastanza rilevante’ sviluppare il business sui mercati internazionali nel triennio a venire si arriva ad un 80% degli intervistati, che ritengono l’internazionalizzazione non solo un’opportunità ma anche una necessità vista la situazione di crisi in cui versa il mercato nazionale.

I Continenti verso cui è indirizzato lo sviluppo delle reti

Con una differenza percentuale importante, 91,30% vs 78,57%, l’Europa batte l’Asia nelle priorità strategiche di sviluppo del business da parte dei retailer. Seguono Stati Uniti (64,70%) e America del Sud (62,50%). Il distacco maggiore si ha con Africa (50%) e Oceania (33,33%). Quest’ultima rappresenta una priorità ‘poco rilevante’ per quasi il 54% del totale rispondenti. Si tratta di scelte di campo nette da parte degli operatori che concentrano le proprie attenzioni solo su Continenti e Paesi che presentano un quadro politico-economico più stabile.

I Paesi di maggiore interesse per lo sviluppo nel triennio 2013-2015

Sui Paesi di maggiore appeal commerciale il campione non ha dubbi: la Francia è la prima nel ranking delle priorità con il 50% delle risposte favorevoli, seguita dalla Gran Bretagna con il 37,50%. La Russia si aggiudica il 37,50% delle preferenze dei retailer. In area europea segue la Germania con il 33,33%, ma con la stessa percentuale sono indicati anche Cina ed Emirati Arabi.
Tra le altre destinazioni, gli Stati Uniti registrano il 33,3% delle preferenze, l’India il 25% e il Brasile il 20,8%. La saturazione degli spazi di sviluppo del retail in Europa occidentale costituisce senza dubbio un forte incentivo per chi vuole investire in Oriente, dove i mercati retail locali hanno un bacino di consumatori in grande crescita. Inoltre, stanno aumentando i livelli salariali e di conseguenza la domanda di beni di consumo, soprattutto quelli prodotti dai brand occidentali.

I fattori determinanti per la scelta dei Paesi esteri in cui sviluppare la rete di punti vendita

La motivazione principale che ha spinto il 62,50% del campione alla scelta di determinati Paesi in cui sviluppare la rete è chiara: consumi in crescita e classe media emergente. A grande distanza segue il livello di rischio del Paese, indicato dal 33%, mentre prossimità geografica e bassa complessità delle normative sono al 29,17%.