Contratto di Rete e Franchising: similitudini e differenze

Donatella Paciello

Data

set 26, 2014

a cura di Donatella Paciello e Elena Pagliaretta*

L’art. 3, comma 4 ter, del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5 (il cd. “Decreto incentivi”), ha introdotto nel nostro ordinamento la figura del contratto di rete, una nuova tipologia di contratto di impresa finalizzato a consentire a più imprese - senza far perdere ad esse la loro autonomia giuridica e patrimoniale e con l’accesso a incentivi e agevolazioni fiscali - di collaborare tra di loro per il perseguimento di obiettivi comuni. Questa tipologia contrattuale presenta alcune similitudini con il contratto di franchising: sia nel franchising che nel contratto di rete infatti le parti sono imprese giuridicamente e economicamente indipendenti e entrambi i contratti prevedono una collaborazione tra le imprese finalizzata ad un obiettivo comune. La differenza tra contratto di rete e franchising sta tuttavia, ancor prima che in singoli aspetti normativi, nello scopo e nella causa ultima delle due figure contrattuali.

Contratto di franchising e contratto di rete: definizioni 

  • Il contratto di franchising – disciplinato dalla legge 129/2004 - è il contratto con il quale un imprenditore - detto franchisor -, al fine di allargare il proprio giro commerciale e la penetrazione nel mercato, concede a un altro imprenditore indipendente, detto franchisee, e verso corrispettivo, di entrare a far parte della sua rete commerciale; il franchisor concede al franchisee l’uso dei suoi diritti di proprietà industriale o intellettuale, tra i quali il know-how e una formula commerciale già sperimentata con successo. Così facendo il franchisor, senza doverne affrontare i costi e i rischi, può creare, senza l’onere intervenire con punti vendita diretti, una rete di distribuzione che riproduce fedelmente la sua formula commerciale. 
  • Il contratto di rete – disciplinato dal DL 5/2009, dal cd. “Decreto sviluppo” (art. 45 D.L. 83/2012) e dal cd. “Decreto sviluppo bis” (D.L., n. 179/2012) – è invece il contratto con il quale più imprenditori, che sono e restano autonomi, si obbligano, sulla base di un programma comune, a collaborare in forme ed in ambiti, definiti nel contratto stesso, attinenti all’esercizio delle proprie imprese: questa generica attività di collaborazione può tradursi, come specifica la norma stessa, in un’attività di scambio di informazioni e/o prestazioni di varia natura (industriale, commerciale, tecnica o tecnologica) ovvero nell’esercizio in comune di una o più attività. Lo scopo di questo contratto è di stimolare l’innovazione e aumentare la competitività. 


Contratto di franchising e contratto di rete: quali le imprese alle quali si rivolgono 

Se è vero che entrambe le figure sono contratti di impresa, differente è però la “platea” di imprenditori ai quali sono destinati: il contratto di rete è stato infatti concepito soprattutto per le piccole e medie imprese presenti nei cd. distretti industriali ovvero in quei territori nei quali esiste una grande concentrazione di piccole e medie imprese specializzate nello stesso settore e tra loro integrate da forti relazioni economico-sociali; questo contratto offre a queste imprese uno strumento giuridico finalizzato, appunto, “a fare rete” ovvero a migliorare la loro competitività su un mercato ormai globalizzato.
Questo elemento di “vicinanza territoriale” è al contrario assente nel franchising, dove anzi la distribuzione di nuovi punti affiliati su un territorio sempre più vasto è proprio ciò che più interessa al franchisor per la diffusione del suo marchio e dei suoi prodotti o servizi sul mercato.

Scopo del contratto di franchising e del contratto di rete

Come precisa la definizione normativa, scopo del contratto di rete è dare impulso all’innovazione e aumentare la competitività delle imprese: nella legge regolatrice del franchising non è definito uno scopo del contratto ma si può dire che l’accrescimento della competitività delle imprese sul mercato
sia, nei fatti, uno degli scopi, o almeno degli effetti, del franchising. Per quel che riguarda invece il fine di impulso dell’innovazione, previsto come tipico per il contratto di rete, esso non è contemplato, nella legge 129/2004 che regola il franchising, come scopo di questa figura contrattuale. Nella pratica può succedere ovviamente che il know-how si evolva grazie alla cooperazione tra franchisor e franchisee, o attraverso “buone pratiche” messe in comune tra i franchisee, ma tale miglioramento è un effetto della cooperazione e non un suo fine, come nel contratto di rete.

Obbligazioni contrattuali nel franchising e nel contratto di rete

Schematicamente può dirsi che le obbligazioni tipiche del contratto di franchising sono, per il franchisor: 

  • L’inserimento del franchisee in una rete commerciale
  • La concessione al franchisee di un diritto di godere dei diritti di proprietà intellettuale e industriale del franchisor (marchi, brevetti, know-how)
  • La fornitura di un’assistenza o di una consulenza tecnica e commerciale 
  • La formazione 

Dal canto suo il franchisee si obbliga a:

  • versare un corrispettivo al franchisor,
  • commercializzare i suoi beni e/o i suoi servizi
  • attenersi, nello svolgimento della sua attività, alla formula commerciale del franchisor

La normativa che regola il contratto di rete opera, con riferimento alle obbligazioni delle parti, un riferimento piuttosto generico a:

  • un obbligo di collaborazione in forme ed in ambiti definiti nel contratto 
  • un obbligo di scambiarsi informazioni o prestazioni di varia natura (industriale, commerciale, tecnica)
  • un obbligo di esercitare in comune una o più attività rientranti nell’esercizio della propria impresa

Se si confrontano le obbligazioni tipiche del contratto di franchising e quelle del contratto di rete si può concludere che:

1. Nel franchising assume un valore centrale la concessione del diritto a utilizzare il marchio e gli altri segni distintivi del franchisor nonché il know-kow dallo stesso sviluppato, ovvero quell’insieme di conoscenze pratiche non brevettabili, segrete, sostanziali e individuate; questo elemento non è previsto tra le obbligazioni tipiche del contratto di rete, il che non esclude, ovviamente, che una impresa possa mettere a disposizione della rete un proprio marchio o brevetto.

2. Nel contratto di rete assume un ruolo centrale la definizione del piano economico e/o commerciale che la rete si prefigge di realizzare, piano che viene stabilito di comune accordo dalle parti proprio nel e con il contratto: nel franchising, al contrario, il franchisee sostanzialmente “aderisce” al progetto imprenditoriale del franchisor, impegnandosi a riprodurlo, secondo una formula sperimentata dal franchisor, nell’ambito territoriale assegnatogli. 

3. Per quanto riguarda l’obbligo di scambiarsi informazioni, individuato nel contratto di rete, si può dire che, sebbene non enucleato specificamente dalla legge sul franchising, la cooperazione tra franchisor e franchisee sicuramente racchiude in sé un obbligo di scambio reciproco di informazioni; il franchisor è tenuto, per esempio, a tenere aggiornato il franchisee sugli sviluppi del proprio know-how e il franchisee, di solito, assume per contratto l’obbligo di tenere informato il franchisor delle condizioni del mercato relativo alla zona territoriale assegnatagli. 

4. Per quel che concerne l’obbligo di scambiarsi prestazioni, queste ultime non sono tipizzate dalla normativa sul contratto di rete e pertanto, nel novero di queste ultime, ben potrebbero rientrare molte, se non tutte, le prestazioni che sono, o possono essere, oggetto del contratto di franchising: assistenza tecnica e commerciale, formazione, organizzazione di campagne pubblicitaria o attività di marketing e così via. 

Patrimonio e gestione dell’attività 

Una caratteristica che invece distingue nettamente il contratto di rete e franchising è la possibilità, prevista per il contratto di rete, di costituire un fondo comune per il conseguimento degli scopi della rete stessa nonché l’istituzione di un organo comune di gestione di questo fondo.
La costituzione del fondo non fa venire meno la autonomia giuridica e patrimoniale delle imprese aderenti al contratto di rete ma fa sorgere una soggettività giuridica del fondo: a questo fondo si applicano le norme dettate dal codice civile, agli art. 2614 e ss., per i fondi consortili.
Per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti solo sul fondo comune e non sul patrimonio dei contraenti della rete. Nulla di analogo e nemmeno equiparabile è previsto invece nel contratto di franchising.

Conclusioni

In conclusione si può dire che il contratto di rete e il contratto di franchising hanno in comune l’essere entrambi contratti tra imprenditori, con lo scopo dichiarato - il contratto di rete – o quanto meno l’effetto – il franchising - di accrescere la competitività sul mercato delle imprese contraenti; che in entrambi l’aspetto della collaborazione, o quanto meno della cooperazione, è oggetto di specifiche obbligazioni. Assolutamente diverso è invece il tipo di schema contrattuale dei due modelli, bilaterale - e quindi “chiuso” - quello del contratto di franchising, plurilaterale e invece “aperto” quello del contratto di rete alla quale, se previsto, si può aderire anche in un momento successivo. 

Diverse sono le realtà economiche nelle quali questi due tipi contrattuali vengono utilizzati: il contratto di rete è stato difatti concepito per le imprese, medie e piccole, presenti nei distretti industriali e che hanno la necessità, pur mantenendo la loro individualità, di mettere in comune risorse e competenze per specializzarsi e per diventare più competitive in un mercato sempre più globalizzato.

 

* Avv. Donatella Paciello, Avv. Elena Pagliaretta - Studio Legale Associato

Via G. Missori 14, 20090 Monza (MB) - studiolex@paciello-pagliaretta.com

 

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