Il coaching: istruzioni per l’uso

Gisella Vonesch

Data

set 19, 2012

di Gisella Vonesch*

Avete mai avuto la sensazione che il lavoro o la vita vi stiano sfuggendo di mano? Oppure state vivendo un periodo di incertezza o di stress? O ancora: dovete ricoprire un ruolo aziendale per il quale sarebbe utile rafforzare alcune competenze o dovete affrontare una situazione particolare e sentite l’esigenza di un supporto che non vi dica cosa fare, ma vi sostenga verso la scelta che VOI ritenete la migliore? 

Conoscete il coaching?

Il coaching è una relazione che si instaura tra due persone (chiamate coach e coachee),  dove il primo ha l’obiettivo di affiancarvi e sostenervi per far emergere il vostro potenziale nel rispetto dei vostri obiettivi e delle vostre peculiarità. Chi svolge questa attività è un professionista che ha ricevuto una formazione ad hoc, ha sostenuto esami ed è stato accreditato per svolgere tale attività (l’International Coach Federation, è il più importante ente internazionale preposto a svolgere tale funzione di validazione e controllo). Il coach è una figura professionale che possiede capacità di ascolto, senso di realtà, pensiero positivo, neutralità. È rispettoso ed amante delle diversità, possiede una elevata etica professionale ed un profondo rispetto verso i propri clienti.

Fare del coaching non significa “fare terapia”: il coach non svolge il ruolo di psicologo né a lui si può sostituire nella cura di certe patologie. Finalità degli incontri di coaching è quello permettere al proprio cliente di ragionare sui suoi comportamenti, trovare in autonomia le risposte necessarie, raggiungere la consapevolezza dei propri desiderata e quindi mettersi in azione per traguardare nuovi obiettivi.

Per fare un esempio più concreto si parte dalla situazione presente della persona - “Dove sono adesso” - si individua insieme a lui/lei il macro obiettivo di lavoro -“Riuscire a bilanciare in modo adeguato la mia vita professionale e privata” - che viene rappresentato come una sorta di puzzle sui cui singoli pezzettini, di sessione in sessione, verranno fatte delle riflessioni che porteranno a cambiare il comportamento agito in funzione dell’obiettivo da raggiungere. Il coachee, guidato dal suo coach, rifletterà su cosa fa oggi, che funziona e che non funziona, su quali possano essere le eventuali convinzioni limitanti che non permettono di muoversi nella direzione voluta, e farà di volta in volta un piano di lavoro concreto su se stesso che lo porterà, con i suoi tempi, ad agire nel modo desiderato verso l’obiettivo desiderato. 

Un adeguato percorso di coaching può prevedere dai 5 agli 8 incontri della durata di circa un’ora e mezza ciascuno, intervallati di qualche settimana. Nel primo incontro vengono definiti gli obiettivi di lavoro (perché voglio fare un percorso di coaching, che cosa cerco, cosa voglio ottenere) e da quel momento si comincia il lavoro, nel quale il coach non suggerisce o consiglia come comportarsi, non valuta, non dà risposte, ma ascolta, pone domande, condivide riflessioni, stimola e motiva perché il suo coachee possa ragionare e trovare in maniera autonoma la sua strada e mettere in atto le azioni conseguenti. L’attività di coaching è svolta con incontri individuali one to one e può essere fatta “in presenza”, vale a dire incontrando fisicamente la persona, oppure attraverso il telefono/skype o in video chiamata qualora la distanza geografica tra le due persone sia da ostacolo alla attività in presenza (con questo secondo metodo si possono risparmiare tempi e costi di spostamento), oppure con una modalità mista delle due cose (presenza più telefono). 

In quale contesto viene utilizzato il coaching?

Esistono due grandi ambiti di attività: quello aziendale e quello personale. Quando si lavora in azienda, e in questo caso si parla di Corporate o Executive Coaching, l’obiettivo è quello di andare a lavorare, in senso migliorativo, sulle competenze gestionali e manageriali del coachee (ad esempio migliorare la capacità di delega, oppure di motivazione delle risorse, oppure di comunicazione). Viene svolto solitamente un Assessment o si parte da valutazioni capo/collaboratore, per andare a definire in modo condiviso tra azienda, coachee e coach, quali sono le aree più deboli della persona, importanti per ricoprire un certo ruolo aziendale (e questi diventano gli obiettivi di lavoro) e si comincia il percorso a due (coachcoachee con le modalità viste sopra) per concludere con un successivo incontro di condivisione che evidenzi i cambiamenti fatti dal coachee (sarà lui stesso a condividerli e valutarli). 

Al di fuori del contesto aziendale si parla invece di Personal Coaching ed in questo caso è il singolo individuo che si rivolge ad un coach perché sente il bisogno di modificare qualcosa che della sua vita non riesce a far girare come vorrebbe. Può essere un tema di lavoro, può essere una situazione personale, può essere l’incapacità di gestire in modo ottimale una relazione, può essere il desiderio di cambiare lavoro, può essere il vivere in modo adeguato un nuovo ruolo che si è andato ad aggiungere ai tanti che compongono la persona (ad es, l’essere diventato mamma o papà) ecc… In questo caso il processo è il medesimo, l’unica differenza con il caso precedente è che tra coach e coachee non c’è un rapporto mediato dall’azienda di appartenenza. I benefici che si possono trarre da un percorso di coaching sono svariati: per le aziende, quello di aumentare i livelli di performance, di stimolare nel problem solving, di rendere più consapevoli e responsabili le risorse, di agevolare la formazione e l’autosviluppo. Per l’individuo di riuscire ad effettuare scelte consapevoli e soddisfacenti, di accettare le sfide, di sapersi automotivare, di porre in essere azioni concrete. 

Il coaching è un’attività relativamente nuova: nasce in America intorno agli anni ’80, arriva in Europa ed a cavallo del millennio sbarca anche in Italia. Difficoltà, fraintendimenti, incomprensione del fenomeno, confusione, tante sono state le vicissitudini che ha dovuto affrontare, ma oggi comincia ad essere più conosciuto, diffuso ed apprezzato. Al momento operano in Italia circa un migliaio di professionisti, concentrati, in massima parte, in Lombardia e nel Lazio. I coach che operano hanno in media alle spalle vent’anni di attività lavorativa nel contesto delle Risorse Umane (manager, consulente, formatori) e la maggior parte di questi ha un bagaglio formativo considerevole, che arriva fino ad oltre 200 ore di aula (fonte International Coach Federation).

È una professione nella quale emerge una forte presenza femminile: poco meno del 60% dei coach italiani è donna (ma la percentuale è tale anche nel contesto internazionale) con una età compresa tra i 45 ed i 50 anni. Nel contesto aziendale, da ricerche effettuate da ICF e PriceWaterhouse, emerge che a rivolgersi ad un coach siano soprattutto quadri e manager uomini, a conferma della forte presenza maschile ai vertici delle organizzazioni. 

L’aspettativa futura, in base anche a quanto successo al di fuori dei nostri confini, è che tale strumento di sviluppo diventi sempre più conosciuto e diffuso come pratica di crescita sia individuale che professionale. 

 

*Gisella Vonesch è Professional Coach Certified: gisella.vonesch@fastwebnet.it

 

Fonte: Beesness