La solitudine del dentista globalizzato

Data

feb 16, 2010

Se esistesse un Bauman degli odontoiatri avrebbe già scritto «La solitudine del dentista globale». Perché quella che per decenni in Italia è stata una professione d’oro, ora deve fare i conti con una concorrenza spietata. Ecco i fatti. Ha già aperto 60 cliniche— e raggiungerà quota 100 entro quest’anno— Vitaldent, una catena di franchising a capitale spagnolo. Gli studi di Croazia, Serbia, Albania ma soprattutto Romania e Ungheria si sono organizzati alla grande per attrarre clientela dalla penisola.

C’è addirittura una agenzia di viaggi, la Noa Holidays, specializzata in turismo odontoiatrico all’Est. Ma non è tutto. In Italia esiste il numero chiuso, 900 ingressi l’anno, a Madrid però circolano 250 giovani italiani che studiano da dentisti e che, in virtù delle norme Ue, potranno tornare in patria e aprire uno studio o rilevare quello del papà. Infine il mercato delle cure dentistiche sta attirando l’attenzione anche dei capitali nostrani. Un gruppo di imprenditori lombardi sta pensando di copiare il modello Vitaldent mentre il S.Raffaele di Milano si appresta a varare una clinica con 90 postazioni. Spira dunque un forte vento di novità che mette alla frusta il piccolo dentista «made in Italy» con studio mono-professionale.
Se le tabelle dell’Oms prevedono un rapporto ottimale di un odontoiatra ogni 2 mila abitanti, in Italia siamo a uno ogni 1.100. In tutto coloro che possono praticare cure odontoiatriche sono 53.500 mila medici di cui 36 mila fanno i dentisti full time ma devono sopportare l’esistenza di un esercito di abusivi. Le stime parlano di 15 mila e solo nel 2008 i Nas hanno messo sotto sequestro 170 studi taroccati.

Non ci sono ancora dati che ci dicano come la Grande Crisi abbia ridotto i ricavi dei dentisti, il 50% però dichiara di aver subito una contrazione. E comunque già nel 2008 i dentisti continuavano a crescere di numero (+4%) mentre gli incassi diminuivano (-20%). Secondo un’indagine di Altroconsumo addirittura un italiano su tre ha ritardato o rinunciato del tutto a una cura odontoiatrica perché non in grado di sopportarne la spesa. Il risultato è che molti medici hanno le agende vuote, lavorano tre giorni su sei oppure solo il pomeriggio.
I più giovani di fronte al rischio di rimanere inattivi preferiscono andare a lavorare nei franchising o nei service presenti negli ospedali lombardi, anche perché per metter su uno studio ci vuole un investimento di almeno 250 mila euro, un laser costa 30 mila euro e dura massimo 5 anni, non c’è verso di usufruire della Tremonti-ter e le banche, visto il numero elevato di professionisti, non sono così disposte a finanziare nuove aperture. 

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