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Data

set 13, 2007

Secondo un'indagine Ipsos gli italiani sono in fondo alle classifiche europee sul grado di soddisfazione in ufficio. Per il 92 per cento l'impiego non è fonte né di piacere né di orgoglio

Demotivati, poco realizzati, stressati. In una parola sola: frustrati. Mentre nel nostro Paese la Cassazione afferma (meglio: conferma) che il mobbing non è un reato, i lavoratori italiani si dichiarano usurati e sovraffaticati, insoddisfatti del proprio impiego tanto che per sette persone su dieci il lavoro è solamente sinonimo di noia e routine. È questo uno dei dati più preoccupanti della ricerca 'Barometro 2007, benessere e qualità della vita sul luogo di lavoro', condotta da Ipsos per Accor Services (la società dei ticket restaurant).

Lo studio, i cui risultati 'L'espresso' è in grado di anticipare, dipinge un quadro per nulla allegro: l'Italia, fra i paesi coinvolti nella ricerca (Belgio, Francia, Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania e Turchia), è quello con la più bassa percentuale di persone che considera il proprio impiego un motivo di orgoglio o di piacere (8 per cento). Un dato distante dalle altre nazioni, dove il lavoro è visto, sì, come un fattore di sicurezza, ma anche come un piacere per il 20 per cento dei belgi, il 21 dei francesi e il 18 degli sloveni, addirittura il 25 per cento dei turchi e il 33 dei rumeni.

Le cose non vanno meglio se si parla di sicurezza, salute e ambiente, aspetti del tutto trascurati secondo i lavoratori italiani. Il giudizio su questi tre fattori fa infatti precipitare il nostro paese al penultimo posto nella classifica degli Stati in cui si lavora meglio, che vede al primo posto il Belgio, in cui a essere soddisfatti sono quasi otto lavoratori su dieci (77 per cento), seguito dalla Slovacchia (71), dalla Repubblica Ceca (66), dalla Francia (64) e dalla Romania (63): peggio di noi solo la Turchia, con il 50 per cento degli insoddisfatti (appena il 6 per cento in più dell'Italia). Un dato ancora più evidente se si pensa che dal 2005 questa percentuale è scesa di ben 16 punti. Non è quindi un caso se quasi la metà delle persone intervistate (1.688 italiani su 10.288 europei) ha pianificato di cambiare lavoro. Siamo in fondo anche nella classifica 'Soddisfazione per il pacchetto benefit' (22 per cento del campione) e agli ultimi posti come grado di soddisfazione per la retribuzione: 33 per cento; peggio dell'Italia solamente la Turchia (32 per cento) e la Romania (30 per cento). Ci dichiariamo anche i più sovraffaticati (un italiano su dieci).

La ricerca ha tentato di tratteggiare il profilo dei lavoratori europei, classificandoli in sei tipologie: sovraffaticati, motivati, disincantati, distanti, fragili e arresi. "Uno dei dati più negativi è la percentuale di disincantati, che è la più alta d'Europa e che secondo la ricerca è del 15 per cento", spiega Fausta Guarriello, professore di diritto del lavoro all'Università di Pescara e delegato italiano nel consiglio di amministrazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro: "Ciò significa che nel nostro paese in pochi credono di poter far carriera solamente con la propria professionalità. Non tutti i numeri sono però così allarmanti. Risultiamo infatti anche fra i più motivati (47 per cento) e la prima richiesta nei confronti del datore di lavoro è la formazione professionale (61 per cento), segno evidente che nonostante le difficoltà e la disillusione abbiamo ancora voglia di acquisire nuove competenze".