I rischi di chi investe

Data

gen 16, 2008

Tira una strana aria sui mercati finanziari in questi primi giorni del 2008. Di solito ad inizio anno, rinfrancati dallo sci e dalle cene natalizie, analisti, broker, gestori e clienti si lanciano con puntiglio in grandi disegni di sistemazione del patrimonio sulla base di scenari economico-finanziari, che magari risulteranno superati dopo meno di un mese. Ma che importa? Il bello del gioco è in fondo questo, che è sempre lo stesso ma è sempre nuovo, ogni giorno.

La novità di questo 2008, però, è che nessuno sembra aver troppa voglia di giocare. I rischi sono davvero tanti e le prospet­tive di guadagno sembrano un po' povere per giustificarli. Basta leggere qualche report dei cosiddetti esperti per rendersene conto e basta guardare l'incertezza che regna in questi giorni sui mercati, con segni altalenanti (più negativi, a dire il vero) e volumi molto ridotti.

Non ci vuole molto, dicevo, a capire perché nessuno ha voglia di muoversi in questo momento; ecco nei dettagli le motivazioni.

1- E’ in corso una significativa revisione al ribasso della crescita economica americana, con il rischio di poter vedere una recessione nella prima parte del 2008, se la crisi immobiliare e la salita dei prezzi dovessero colpire l'attitudine al consumo delle famiglie americane. Un anticipo si è avuto venerdì con il rapporto sul mercato del lavoro che ha creato in dicembre solo 18 mila occupati, frutto peraltro della parte pubblica, ed ha mostrato un improvviso balzo del tasso di disoccupazione al 5 per cento dal 4,7 per cento. In una situazione di deterioramento dei consumi, l'export, anche se sostenuto da un dollaro debole, non basterebbe a mantenere la crescita trimestrale sopra lo zero (e sarebbe recessione). Inoltre, l'aiuto offerto dalla Fed con i ribassi dei tassi potrebbe non spingersi troppo avanti in presenza di una inflazione crescente.

2- E’ in corso una parallela riconsiderazione, sempre al ribasso, della crescita in Europa, dovuta all'euro forte e alla restrizione delle condizioni del credito, oltre che al rallentamento americano. In un simile contesto è lecito chiedersi se gli utili azienda­li potranno restare ancora così elevati, specie in alcuni settori. Ma se questo è il pericolo e se anche da noi l'aiuto parzia­le offerto dalla politica monetaria potrà essere solo margi­na­le per colpa dell'inflazione, quanto possiamo aspettarci dai mercati azionari? E quanto invece potrebbero perdere se andas­sero male le cose?

3- Se in America ed in Europa il problema è crescere, almeno per l'Asia ed i paesi emergenti la crescita potrebbe continuare ad essere buona. Lì le cose stanno andando ancora bene, in alcuni casi per il traino del petrolio e delle materie prime, in altri (Cina in testa) grazie alla crescita della domanda. Ma un po' queste cose si sapevano già nel 2007 ed infatti i mercati di queste aree hanno corso molto. Se ci fossero problemi ulteriori di fiducia dei grandi investitori, potrebbero mettersi a scendere e anche crolla­re, letteralmente. Insomma, sui mercati emergenti uno ci può anche fare un pen­sie­ro, ma  per una piccola parte dei suoi risparmi, non di più.

4- Scartati in questo modo quasi tutti i mercati azionari, si potrebbe pensare di buttarsi sulle obbligazioni. In un mondo che fatica a crescere, di norma i tassi non possono certo salire e potrebbe esserci valore. Ma su quali obbligazioni punta­re?  Probabilmente non su quelle aziendali (banche e società indu­stria­li) e neppure su quelle derivanti da cartolarizzazioni. In fon­do, non siamo così sicuri che le sorprese siano finite. Magari prima di agire, aspettiamo di vedere i bilanci di fine anno. Allora si può puntare almeno sui titoli governati­vi? Con un'inflazione in crescita? Qualsiasi corso base di finanza lo sconsiglierebbe. Pensate poi se per caso le banche centra­li cedessero alle pressioni politiche e si mettessero a tagliare aggressivamente il costo del denaro per inseguire la crescita. Di quanto crollerebbero i bond a lungo termine?

Ecco fatto. In pratica abbiamo scartato tutti i possibili impieghi dei nostri risparmi. Esclusa la vecchia e poco elegante soluzione di mettere i soldi nel materasso (oggi li fanno di lattice e sigillati per giunta), non resta che spenderli o metterli in investimenti molto liquidi.

Chi suggerisce il contrario pensa che tutte le paure elencate sopra siano esagerate e che le cose si metteranno presto a marcia­re per il verso giusto, in America come da noi. E magari anche molto in fretta. Ma chi ha voglia di scoprirlo sulla propria pelle? Alla fine uno si guarda intorno e vede che un Cct rende oggi intorno al 4 per cen­to  annuo lordo, virtualmente senza rischi. Certo, lo facevano già le nostre zie, e non sembra una cosa molto emozionante. E è escluso che si possano fare favolosi guadagni lungo questa strada.

Ma, almeno, si è ragionevolmente sicuri di non vedere svanire il proprio capitale con il disgelo primaverile.

La confusione, in sostanza, è tale in questo momento che l’unico consiglio che si può dare è quello di non essere coraggiosi e, sopratutto, di non cercare di essere troppo intelligenti.

 

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