Emergenza tessile in Cina, e il governo ci mette una toppa

Data

giu 13, 2008

Continua ad aggravarsi la crisi dell’industria tessile cinese e Pechino corre ai ripari, pianificando l’aumento dei rimborsi iva sull’export. È quanto emerge da voci di settore, rilanciate in questi giorni dalla stampa internazionale, secondo la quale a metà luglio lo sconto governativo sull’iva versata dagli esportatori di abbigliamento dovrebbe passare dall’11 al 15%, mentre quello sui tessuti slitterebbe dall’11 al 13%. Se il provvedimento dovesse essere confermato ed entrasse in vigore, per il governo cinese si tratterebbe di un imbarazzante cambio di direzione, totalmente in contrasto con le riduzioni all’imposta sull’export effettuate negli ultimi mesi.
In effetti, l’industria tessile costituisce un settore cruciale per il Dragone, in grado di dare lavoro a più di 20 milioni di persone e proiettare in alto la bilancia delle esportazioni, giunte vicino ai 200 miliardi di dollari nel 2007 per il comparto in questione. Tuttavia, Pechino sa che dietro numeri così impressionanti si cela un sistema produttivo fragile, basato sul lavoro di migliaia di piccole aziende in continua competizione tra loro. Molte di queste, negli anni, hanno visto ridursi drammaticamente la marginalità, arrivando in molti casi a chiudere i battenti per l’incapacità di adeguarsi alle condizioni imposte dal mercato. Oltre alle problematiche strutturali sopraccitate, negli ultimi due anni si sono aggiunti l’apprezzamento dello yuan sul dollaro, e la congiuntura, sofferta in particolare dagli Stati Uniti, da sempre il principale mercato di sbocco del tessile cinese, dove in pochi mesi il prezzo di una maglietta di cotone è aumentato del 10%.
Era proprio per dimostrare buona volontà verso gli Stati Uniti, che Pechino aveva di recente decretato la riduzione dei rimborsi iva sull’export del tessile, passando in due fasi successive dal 17 all’11%. A quanto pare però, le proteste messe in atto dagli operatori di settore e il rischio di chiusura per migliaia di aziende, avrebbero indotto il governo a rimangiarsi tutto per correre ai ripari.
Di certo però, il provvedimento previsto per metà luglio potrà solo alleviare la crisi in atto, rimandando comunque il problema ad un secondo momento. Ecco che stando ai rilevamenti effettuati dalla China Cotton Textile Association (e pubblicati dal Sole 24 Ore), il 44% delle aziende interpellate starebbe tentando di svincolarsi dai mercati stranieri, per concentrarsi sul mercato interno. Una notizia poco piacevole anche per gli operatori stranieri, molti dei quali hanno impegnato ingenti capitali nella costituzione di joint venture con partner cinesi.

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