Nel match del retail India batterà Cina

Data

nov 17, 2006

L'''India sta per strappare lo scettro di terra promessa del retail e della fashion industry alla Cina. Secondo NV Sivakumar, executive director di PriceWaterhouseCoopers per l'India, «nel Paese ci sono grosse potenzialità di sviluppo per il retail e l'industria della moda (made in Italy compreso). Il prodotto interno lordo cresce al ritmo dell'8% l'anno e continuerà almeno fino al 2008. Inoltre l'India sta aprendo il mercato ai single brand retailer come Lvmh e questo non fa che catalizzare gli investimenti».

Nella prima metà del 2006 l'India ha attirato investimenti stranieri per 7,96 miliardi di dollari, «ma le infrastrutture, precisa Sivakumar, sono carenti e quindi l'espansione dei grandi gruppi come Hugo Boss o Burberry incontra delle difficoltà».

Oltre che per i single brand c'è anche spazio per gli accordi di franchising. Con questa formula si sono già cimentati gruppi e retailer come Benetton, Stefanel, Mango, Marks & Spencer. Per il franchising ci sono interessanti prospettive anche in Cina dove la regolamentazione per le imprese straniere si è allentata rispetto al passato e dove gruppi come Benetton hanno stretto joint-venture con partner locali. E la tendenza è ormai quella di acquisire quote di maggioranza anche nelle jv controllate dai partner asiatici. «In India, spiega Roberto Adami, partner per l'Italia e l'Europa della divisione Retail & Consumer di PriceWaterhouseCoopers, il franchising incontra più restrizioni che in Cina. Le società miste devono essere sempre controllate dai soci locali. I gruppi stranieri possono detenere solo quote di minoranza. E questo è un ostacolo per chi vuole presidiare bene certe aree».