Know-how del franchisee e invenzione del lavoratore dipendente

Donatella Paciello

Data

ott 08, 2013

Apporto di know-how del franchisee e invenzione del lavoratore dipendente: quali similitudini?

Come è noto uno dei punti qualificanti del contratto di franchising è costituito dalla concessione in godimento all’affiliato di un know-how sviluppato e implementato con successo dal franchisor sul mercato.
Il know-how, nella sua natura di insieme di conoscenze tecniche e pratiche non brevettabili, costituisce un patrimonio di conoscenze non statico ma, al contrario, in continua evoluzione: allo sviluppo dello stesso possono contribuire sia il franchisor, che infatti è tenuto a tenere aggiornato il franchisee, sia quest’ultimo che, nell’utilizzo del know-how trasferitogli dall’affiliante, può autonomamente sviluppare miglioramenti dello stesso suscettibili di apportare un valore aggiunto in termini di efficacia ed operatività del know-how stesso.
Sorge dunque la questione della “titolarità” – da intendersi in senso atecnico - di questo “valore aggiunto” (è del franchisor o del singolo franchisee che lo ha sviluppato?) e, conseguentemente, della remunerazione o meno dello stesso da parte del franchisor al franchisee.

La legge 129/2004 detta sul punto una norma, l’art. 3, c. 4, lett., che non brilla certo per chiarezza: essa prevede che nel contratto possa – ma non debba necessariamente – essere prevista una clausola specifica che precisi le “modalità di riconoscimento dell’apporto di know-how da parte dell’affiliato”.
Si può desumere che, facendo riferimento la norma ad un “riconoscimento all’affiliato”, la stessa voglia intendere che il know-how e il suo sviluppo siano e restino acquisiti alla sfera del franchisor che, solo se previsto in contratto, deve riconoscere, nella misura e modalità ivi previste, un corrispettivo economico al franchisee. Questo non esclude ovviamente che franchisor e franchisee possano accordarsi, anche successivamente alla sottoscrizione del contratto, pur in assenza di un’espressa previsione contrattuale.
E’ del tutto evidente che il franchisee tanto più si impegnerà a sviluppare il know-how, e, successivamente, a condividerlo col franchisor e gli altri affiliati, quanto più ne ricaverà un vantaggio economico.
La questione dell’apporto del know-how da parte del franchisee viene talora paragonata, in maniera non molto appropriata, alla questione della titolarità delle invenzioni – sotto il profilo del diritto allo sfruttamento economico – fatte da lavoratori dipendenti in costanza del rapporto di lavoro subordinato.
Va chiarito in primo luogo che vi è una netta distinzione tra know-how e invenzione, intendendosi per invenzioni i ritrovati tecnici che abbiano i requisiti della la novità (non devono essere già stati fatti da altri), l’industrialità (l'attitudine ad essere applicati industrialmente) e la caratteristica di essere il risultato di una attività inventiva: sono, in sintesi, una soluzione innovativa - suscettibile di essere brevettata -, ad un problema tecnico. Il know how è invece quell’insieme di cognizioni, frutto di sperimentazioni ed esperienze maturate “sul campo”, non brevettate né brevettabili, le quali, per la loro configurazione, non sono di comune dominio e risultano utili all’esercizio di un’attività imprenditoriale, assicurandole un vantaggio competitivo rispetto alle imprese concorrenti. 
In secondo luogo la posizione giuridica del lavoratore dipendente subordinato è del tutto differente da quella del franchisee, il quale, pur nel quadro di una stretta cooperazione e integrazione nella rete del franchisor, è e resta un imprenditore autonomo.
Per quanto riguarda le invenzioni dei lavoratori dipendenti, l’art. 64 del D. Lgs. del 10/02/2005, n. 30 – cd. Codice della Proprietà intellettuale – prevede, con specifico riferimento alle invenzioni “brevettabili” fatte dai lavoratori dipendenti - la distinzione in tre casi:

  1. invenzione industriale fatta in esecuzione di un contratto/rapporto di lavoro il cui oggetto è proprio l’attività inventiva e per il quale sia prevista per questa una specifica retribuzione al dipendente: in questo casi i diritti di titolarità e sfruttamento dell’invenzione sono del datore di lavoro, salvo il diritto del lavoratore di essere riconosciuto autore dell’invenzione
  2. invenzione fatta nell'esecuzione o nell'adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro per il quale non sia prevista, per l’attività inventiva, una specifica retribuzione: in questo caso i diritti derivanti dall'invenzione appartengono al datore di lavoro, ma all'inventore, oltre al diritto di essere riconosciuto autore, spetta, anche se l’invenzione, per strategia industriale dell’azienda, non viene brevettato, un equo premio
  3. invenzione fatta dal dipendenti fuori dai casi sopra previsti ma che rientri comunque nel campo di attività del datore di lavoro: i diritti sono in capo al dipendente ma il datore di lavoro ha il diritto di opzione per l'uso, esclusivo o non esclusivo, dell'invenzione o per l'acquisto del brevetto.