Il marchio non può attendere

Marella Naj Oleari

Data

mag 10, 2013

I marchi sono comparsi nelle nostre vite alcuni millenni fa, basti pensare ai Signacula, marchi impressi sull’argilla o sul tappo di anfore vinarie rinvenute a Pompei. Così come per i fabbri, che forgiavano le spade per i soldati dell'Impero Romano, era consuetudine imprimere un segno distintivo delle proprie creazioni. 
L’esigenza di distinguere la propria produzione da quella dei concorrenti è, dunque, antichissima e, oggi, con la globalizzazione, si è fatta ancora più pressante. 
Il segno distintivo apposto sul prodotto o sul servizio può non solo orientare la scelta del consumatore ma in taluni settori, come quello della moda, addirittura determinarla. Per questo si dice che i marchi sono asset importantissimi per le aziende, garanzia di riconoscibilità e opportunità di maggiore sviluppo dell’impresa. 
Del marchio dal punto di vista economico e della comunicazione le aziende sanno (o credono di sapere) molto. 
Quello che forse è meno noto è che cosa sono esattamente i marchi e quali sono le norme che li regolano. 
Il marchio è un segno che si appone sul prodotto (Gucci, Barilla) o si collega ad un servizio (Pony Express, Alitalia) per contraddistinguerlo da quello degli altri concorrenti. Nella prassi è frequente che l’impresa si avvalga di più marchi, alcuni legati all’attività istituzionale (Fiat), altri ai singoli prodotti (Multipla, Panda) e ciò allo scopo di fornire al suo pubblico un’ampia gamma di informazioni. 
La prima informazione che trasmette il marchio è quella relativa alla provenienza del prodotto o servizio da una determinata impresa: per questo il marchio viene anche definito “segno distintivo”. 
Inoltre, il marchio in genere veicola messaggi relativi alle caratteristiche proprie del prodotto o servizio che contraddistingue e che possono riguardare le sue qualità, gli aspetti tecnici, il prezzo etc. 
Poiché tale messaggio è rivolto al pubblico esso deve anzitutto essere vero: il nostro ordinamento non tollera l’inganno del pubblico e sanziona pesantemente i marchi ingannevoli perchè, per esempio, rimandano a caratteristiche o qualità che il prodotto non possiede (si pensi al caso di un marchio che richiama il cioccolato per un prodotto senza cioccolato).

Ma come si acquistano i diritti sul marchio? Essi sorgono innanzitutto per effetto della registrazione (che dura 10 anni ed è rinnovabile) presso gli uffici competenti, nazionali, comunitari e esteri, ma in molti Paesi possono acquistarsi (seppur con alcuni limiti) anche senza registrazione, per il solo fatto di avere usato concretamente il marchio sul mercato. 
L’ipotesi non è rara: molte imprese testano il marchio sul mercato prima di registralo, osservando le reazioni del pubblico e posticipando il momento della registrazione magari anche di mesi (talvolta anni, ma si tratta di un comportamento davvero imprudente). 
Per poter essere validamente registrato il marchio deve essere suscettibile di rappresentazione grafica (e questo può creare difficoltà e incertezze in fase di registrazione di marchi sonori o olfattivi). Il marchio deve poi essere nuovo e dotato di capacità distintiva: le parole, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la stessa forma di un prodotto o della sua confezione, i colori e le loro combinazioni, possono essere registrati come marchio se sono in grado di distinguere i prodotti o i servizi dell’impresa. 
Per contro, vi è un’ampia categoria di segni che non è suscettibile di registrazione come marchio: si tratta dei segni contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, dei segni ingannevoli, dei segni costituiti da parole di uso comune (come super, euro etc.), di quelli costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche dei prodotti (es. latte per latte) o da indicazioni descrittive delle loro qualità, destinazione, provenienza geografica, o di altre caratteristiche del prodotto o servizio. Si ritiene, infatti, che tali parole debbano essere liberamente utilizzabili da tutte le imprese. 
Tuttavia, è possibile registrare marchi che sono costituiti in parte da parole di uso comune e indicazioni generiche o descrittive (es. zuccherello): ma in questo caso, essi saranno considerati dotati di minor capacità distintiva, con tutta una serie di conseguenze importanti in caso di sua contraffazione. 
In sostanza, tanto più il marchio sarà lontano da qualsiasi riferimento al prodotto o servizio che deve contraddistinguere (es. Apple per computer) tanto più esso sarà ritenuto originale e tutelabile nei confronti delle contraffazioni. 
La scelta se registrare o meno il marchio è demandata naturalmente all’impresa. Ma una cosa è certa: non registrando il marchio, gli investimenti effettuati per promuovere il prodotto o il servizio rischiano di sfumare miseramente al primo attacco dei concorrenti.

Avv. Marella Naj-Oleari
Scarpellini Naj-Oleari & Associati
www.studioscarpellini.it