Il Franchising partecipativo: la formula per un franchisee che non può pagare la fee d'ingresso

Gli anni della crisi sono stati un banco di prova tremendo per la tenuta e lo sviluppo del franchising, benché tutte le statistiche stiano ad indicare che esso ha resistito alla crisi molto meglio del commercio indipendente. 
Tuttavia la crisi ha comportato anche un cambiamento nell’atteggiamento degli affilianti

a) alcuni franchisors hanno tollerato un allungamento dei tempi di pagamento da parte dei franchisees; 
b) altri hanno modificato la formula, riducendo l’investimento iniziale per le attrezzature o aumentando l’investimento per la formazione o rivedendo al ribasso la royalty;
c) altre volte l’affiliante ha concorso a finanziare l’investimento dell’affiliato;
d) altri infine hanno concesso all’affiliato maggior autonomia (per esempio, nell’ampliare l’assortimento con beni fuori catalogo, oppure comunque adattando il singolo punto di vendita ai gusti locali);
e) altre volte si è di comune accordo spostato in avanti la schedule di aperture di nuovi punti vendita e di copertura del territorio assegnato.

Gli affilianti che non si sono fatti carico in alcun modo delle difficoltà incontrate dagli affiliati, hanno subito una punizione in termini commerciali per la chiusura dei punti di vendita di molti affiliati oppure per la continuazione dell’attività, ma in modo indipendente dalla rete, conseguenze che non si sono potute evitare tramite il ricorso alla giustizia ordinaria. 

Un’altra reazione, oltre quelle sopra elencate, è stata quella del passaggio ad altri schemi contrattuali. Intendo riferirmi in particolare allo schema di contratto di somministrazione (leggi anche Franchising e Somministrazione), con una esclusiva, con un minimo di fatturato, con una licenza di marchio da usare solo come insegna: come si vede si tratta di un sistema distributivo dove si sono persi i connotati originari del franchising. 

Il Contratto Estimatorio

Il franchising è invece compatibile con alcune norme del “contratto estimatorio” quale disciplinato dagli artt. 1556-1558 c.c. dove la proprietà dei beni passa al distributore nel momento in cui questi li rivende ai clienti; il distributore ha la facoltà di resa dell’invenduto ed il produttore può stabilire il prezzo di vendita al pubblico. 

Tutti gli studi economici sul contratto estimatorio concordano che si tratta di una particolare modalità di distribuzione specialmente adatto per alcuni tipi di prodotti o per certe circostanze economiche. Per quanto concerne le tipologie merceologiche, esso è adatto (per non dire indispensabile) per i beni deperibili quali i giornali o la stampa periodica, come pure per beni di cui non si conosce la domanda sul mercato, come i libri oppure l’abbigliamento. Per quanto concerne l’andamento del mercato, in momenti di scarsa liquidità il contratto estimatorio può essere di grande aiuto per i dettaglianti perché pagano dopo l’incasso. 

Il Franchising Partecipativo

Infine, vorrei qui citare una nuova formula sviluppata in particolare in Francia, che è frutto del tempo di crisi e che rientra in quelle soluzioni indicate sopra alla lettera c). Intendo riferirmi al cosiddetto “franchising partecipativo”, che è una formula per venire incontro alle esigenze finanziarie dell’affiliato. Lo schema è il seguente. L’affiliante e l’affiliato costituiscono una società comune, nella quale la partecipazione è in grande parte sottoscritta dall’affiliante e in minima parte dall’affiliato. È la società comune che gestisce il punto di vendita e, mediante dei patti parasociali, viene consentito all’affiliato, attraverso la sua quota di utili generati dalla gestione, di aumentare la sua partecipazione nella società fino ad acquisire il 100% del capitale. È l’affiliato che dovrà gestire il punto di vendita con un rapporto di collaborazione, evitando che sia considerato un lavoratore dipendente. 

I presupposti per la realizzazione dello schema di franchising partecipativo sono i seguenti: 

i) L’affiliante ha trovato un futuro franchisee sul quale ripone la massima fiducia e che non vuol perdere solo per il fatto che questi non ha le capacità finanziarie per pagare la entrance fee e i primi investimenti di start up. Il presupposto della “totale fiducia” può essere difficile da trovare. Bisogna che l’affiliante abbia conosciuto bene il futuro franchisee, per esempio, perché è stato un suo bravo dipendente. 

ii) Il franchisor vuole estendere la sua rete in località non metropolitane, aprendo pertanto dei punti di vendita per i quali gli investimenti sono moderati. 

iii) Il franchisor ha molta fiducia nel successo della formula perché c’è già una rete che genera profitti e dunque la formula è stata sperimentata con successo. 

Questo schema ha comunque il vantaggio che, se le cose non andassero bene, il franchisor rimane comunque in possesso della location ed è proprietario dell’azienda (POS) e ciò lo differenza da un semplice prestito fatto all’affiliato. Per altro verso, l’affiliato sarà incentivato a dare il massimo di se stesso nella prospettiva di divenire nell’arco di 3 o 4 anni proprietario del 100% del capitale della società. 

 

Prof. Avv. Aldo Frignani
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Frignani Virano e associati
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Fonte: Beesness n°3/2014